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Lock-in, come evitarlo e come uscirne con successo

09/10/2019
Cloud Lock-in
PMIPrivati
In un mondo in rapido cambiamento, come quello tecnologico e IT, è sempre più importante poter contare su partner e servizi flessibili e al passo coi tempi. Anche per questo motivo, sempre più aziende sperimentano service e piattaforme di nuova generazione, alla ricerca del miglior compromesso prezzo/prestazioni, con l’intento di ridurre il TCO e migliorare la produttività.

Se però, prestazioni, affidabilità e costo, possono essere considerati elementi da porre su un piatto della bilancia, dall’altra parte è bene prestare attenzione su quelli che possono essere i vincoli contrattuali o tecnologici che un determinato provider impone al cliente. Non parliamo solamente di piattaforme hardware/software/cloud o di SLA, ma dei meccanismi contrattuali e di gestione che possono generare un vero “lock-in” per chi acquista un servizio.

Nel settore IT, con questa terminologia si sottintende solitamente la scelta, più o meno consapevole, da parte del cliente, verso un fornitore di servizi. Tale scelta, molte volte fatta sulla scorta di considerazioni economiche al ribasso, può, nel tempo, rivelarsi più onerosa rispetto ad altre e comportare vincoli difficili da sbloccare.

Quando si verifica un lock-in a tutti gli effetti? 

Ciò accade quando l’amministrazione non può cambiare facilmente fornitore alla scadenza del periodo contrattuale. Questo succede perché non sono a tutti gli effetti disponibili le informazioni essenziali sul sistema in uso; parametri che consentirebbero a un nuovo fornitore di subentrare in modo rapido ed efficace.
Più un provider è in possesso di elementi unici e indispensabili, di cui è il solo depositario, e più questo vincolo diventa reale e complesso da allentare. Che si tratti di informazioni esclusive e riservate, oppure di componenti sviluppati su misura, una cosa è certa: il rapporto fornitore-cliente è fortemente sbilanciato a favore del primo. In questo modo il provider può più facilmente imporre modifiche contrattuali, preventivi o ricambi, sapendo che per il cliente una eventuale uscita sarebbe difficile e, con tutta probabilità, onerosa. 

Il segmento IT, oggi particolarmente affollato, vede molti player in serrata competizione per proporre soluzioni allettanti. Il fenomeno del lock-in, soprattutto in queste circostanze, si fa ulteriormente complesso e articolato, dato che i provider tendono a mettere in campo una serie di elementi e tecniche per sfavorire il passaggio dei clienti alla concorrenza. 

Nonostante un primo, illusorio, vantaggio derivante dall’affidamento di tutte le pratiche a un solo fornitore (magari senza porsi troppe domande), il lock-in mostra le proprie insidie in tempi piuttosto lunghi e può costituire un serio ostacolo all’efficienza dei sistemi. Appaltare e acquistare beni e servizi da un solo provider tende a creare una situazione di monopolio; in questi casi non è sempre la migliore soluzione o la più economica ad essere scelta…

Come evitare il lock-in?

All’atto pratico non esiste una soluzione univoca, in base alla situazione specifica possono essere messe in atto tecniche differenti per prevenirlo o per uscirne. In questo senso, come evidenziato nel European Interoperability Framework è sempre opportuno puntare su piattaforme open. Il documento, che mira a potenziare l’interoperabilità dei servizi pubblici nell’Unione Europea, sottolinea che “l’agenda digitale può decollare solo se è garantita un’interoperabilità basata su standard e piattaforme aperte”. 
Proprio le infrastrutture open sono quelle che meno si prestano a logiche di lock-in. La progettazione di architetture operative dovrebbe partire da questa considerazione, per lo sviluppo di modelli ingegneristici che consentano di realizzare sistemi affidabili e con un elevato tasso di compatibilità, portabilità e manutenibilità.

La manutenzione, in particolare, deve ricoprire un ruolo fondamentale nella logica di creazione di procedure e sistemi, e rappresenta di fatto il grado in cui un prodotto o una piattaforma può essere modificata e migliorata.
Secondo questo schema di pensiero è dunque possibile scongiurare eventuali lock-in, studiando opportunamente costi di avvio di un servizio e analizzando con cura il TCO nel lungo periodo. Al fine di minimizzare possibili aumenti e per tagliare eventuali costi nascosti, è possibile richiedere una dichiarazione preventiva circa le licenze necessarie per l’utilizzo del sistema proposto e gli altri elementi d’uso e manutenzione che possono subentrare nel tempo. 

Un esempio, in epoca di forte adozione dei servizi cloud, può essere rappresentato dalla disponibilità di un provider a supportare le attività di migrazione dei dati in caso di cambio fornitore.
Sia per le imprese, sia per la PA, prima di valutare un eventuale servizio integrativo risulta sempre valida una consultazione preliminare di mercato. A tutti gli effetti, il confronto trasparente tra i differenti operatori permette di verificare in modo diretto la presenza di possibili strategie di lock-in e, nel caso, consente di valutarne eventuali costi di uscita. 

La difficoltà che si può incontrare qualora si decida di spostare i propri dati da un cloud provider a un altro è dunque reale. Tuttavia, associazioni e aziende di primo piano, come Aruba, si stanno impegnando per mantenere le logiche di business il più lontano possibile da freni per la produttività, quali il “data lock-in”.

La Open Cloud Foundation, ad esempio, è un’associazione di aziende tecnologiche che nasce con l’obiettivo di elaborare un framework che assicuri l’apertura del cloud. Fornitori di tecnologie e servizi, cloud provider, aziende clienti, società di ricerca ed entità regolatorie si incontrano dunque su un piano comune per preservare e garantire la libertà di scelta delle aziende.

La costante definizione di nuovi strumenti in cloud e le modalità di fruizione as-a-service porteranno le imprese a fare affidamento su un numero crescente di servizi in outsourcing. Nella scelta di tali piattaforme sarà essenziale scongiurare la nascita di nuovi silos e lavorare in modo congiunto per evitare che operatori cloud di prima grandezza possano imporre “standard” che potrebbero limitare la dinamicità del mercato.


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