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Green Data Center

20/06/2018
Aruba Green Data Center
EnterprisePMIProfessionisti

Viviamo immersi nella tecnologia, perennemente connessi. Il rapporto con il consumo elettrico della nostra vita digitale – composta da social, internet e strumenti di lavoro disponibili in cloud – si limita il più delle volte a un caricabatterie e a una modesta voce in bolletta che rappresenta la proverbiale punta dell’iceberg.

Ritornando al nostro iceberg, la parte sommersa è enorme. L’impronta energetica del settore IT equivale a oltre il 7% del consumo di elettricità mondiale, di cui i data center da soli assorbono il 2-3% dei consumi totali. Aggiungiamo allo scenario il fatto che la digitalizzazione ha una crescita esponenziale e la conclusione è più che ovvia: un modello di consumo basato su fonti non rinnovabili non è più sostenibile, e men che meno lo sarà in futuro.

Recenti ricerche indicano che entro il 2025, il comparto ICT consumerà circa il 20% dell’energia e immetterà nell’atmosfera più del 5% di emissioni globali: un dato che dimostra in maniera inequivocabile quanto sia importante dimensionare adeguatamente il problema della dell’energia proveniente da fonti non rinnovabili che alimenta il comparto IT.

In effetti, la questione non è certo nuova: non più di dieci anni fa, il problema è salito all’attenzione di tutti gli addetti ai lavori. A rivoluzionare il mercato è stato un piccolo oggetto, diventato in brevissimo tempo una presenza costante per chiunque: gli smartphone hanno cambiato il mercato e l’approccio dell’utenza con la tecnologia. Una connettività costante, sempre disponibile in ogni momento della giornata ha cambiato definitivamente le regole del gioco.

Data Center alimentato con fonti rinnovabili

Nonostante tutto, alimentare un data center esclusivamente con fonti rinnovabili e dichiararlo 100% Green è stato pressoché impossibile fino a pochissimi anni fa a causa del costo dell’energia verde, e la quasi totalità dei grandi provider – pur preparandosi a un cambio di mentalità attraverso soluzioni meno energivore – hanno continuato a preferire logiche economiche e ad affidarsi alla tradizionale energia di rete. Lo sviluppo e l’accesso a nuove e più efficienti tecnologie e un’attenzione sempre maggiore verso temi correlati all’ambiente hanno cambiato lo scenario, rendendo la scelta di utilizzare energia sostenibile non solo auspicabile per un ritorno d’immagine, ma anche economicamente vantaggiosa: le fonti rinnovabili non sono legate alla disponibilità dei combustibili fossili e l’energia da esse derivata non è soggetta a fluttuazioni di prezzo.

Sulla carta, quindi, sembra tutto molto semplice. E allora perché è così difficile per un data center dichiararsi 100% green?

Il problema è strutturale. L’energia di rete ha un vantaggio: essere costante, valore che per i data center è di assoluta importanza. Le fonti rinnovabili, infatti, hanno delle limitazioni e dipendono in larga parte dalla locazione fisica della struttura. Energia solare ed eolica sono limitate dai cicli giorno/notte e dalla presenza o meno di vento. L’energia idroelettrica tende ad essere assai più stabile e continua, ma è legata alla presenza di un bacino d’acqua nei dintorni. Quando questo è possibile, come nel caso del Global Cloud Data Center di Aruba, che dispone di una centrale idroelettrica di proprietà, l’approvvigionamento di energia rinnovabile è assicurato nella sua totalità e, integrato con altre fonti quali il fotovoltaico o altre che possiedono Garanzia di Origine (GO) certificata come proveniente da fonti rinnovabili, permette di dichiarare il data center come green e addirittura di immettere nella rete l’energia in eccesso non consumata, garantendosi così, quote di energia rinnovabile direttamente da fornitori esterni. D’altronde, l’utilizzo di energia GO si fonda su un principio molto semplice, che aiuta a ottimizzare la produzione di energia da fonte rinnovabile che viene prodotta a prescindere dall’effettiva necessità: a ogni MW in eccesso immesso in rete, corrisponde un certificato GO (Garanzia di Origine) che consente di “riscattare” un MW al momento del bisogno.

A completare il panorama, ci sono gli impianti di cogenerazione, in grado di riciclare l’energia persa sotto forma di calore e riutilizzabile, ad esempio, per la deumidificazione degli ambienti; altre tecnologie, come il raffreddamento ad aria o l’utilizzo di impianti geotermici per regolare la temperatura delle sale dati, permettono di abbassare ulteriormente l’impronta energetica dei data center e di abbassarne l’impatto ambientale.

Il futuro dell’alimentazione dei data center è sempre più orientato verso fonti sostenibili: il progresso delle tecnologie di raffreddamento – da sempre tra gli apparati più energivori – e lo sviluppo di tecnologie alternative come le celle di combustione a idrogeno, permetteranno di convertire i data center all’utilizzo di energia pulita e rinnovabile. Anche la stessa scelta dell’hardware utilizzato è determinante: a parità di numero di operazioni, un server di ultima generazione consuma meno di un quarto dell’energia rispetto a dieci anni fa. Rapportato a strutture che ospitano migliaia di macchine, la scelta di tecnologie più efficienti è sicuramente vincente per tutti, perché consente di abbassare i costi e quindi di offrire prezzi competitivi pur restando green.

Maggior impegno nella tutela dell’ambiente, cultura dell’ecosostenibilità e la ricerca di soluzioni innovative abbasseranno ulteriormente il costo dell’energia rinnovabile, rendendo l’utilizzo dei combustibili fossili non più indispensabile e – si spera in un futuro prossimo – addirittura obsoleto.

Abbiamo abbracciato la missione green da ormai molto tempo, ne comprendiamo le ragioni e la promuoviamo attraverso un’offerta ecosostenibile e con il minimo impatto possibile sull'ambiente. I Data Center Aruba sono alimentati con energia proveniente da fonti rinnovabili che prevengono l’immissione nell’atmosfera di quasi 18mila tonnellate di CO2 ogni anno. Se consideriamo il costo sociale del carbonio, valutato da uno studio dell’università di Stanford in 220 dollari a tonnellata2, è possibile stimare che questa nostra politica permetta di evitare quasi 4 milioni di dollari di danni sociali.

Una cifra destinata a crescere, al pari dell’investimento in ricerca, sostenibilità e coscienza ecologica, per vivere meglio e lasciare un mondo più pulito alle future generazioni.