Magazine

Il viaggio verso il cloud delle aziende italiane

03/02/2023
Il viaggio verso il cloud delle aziende italiane
Enterprise
Qualsiasi organizzazione abbia intrapreso un percorso di trasformazione digitale non può non toccare la questione cloud. Un elemento di differenziazione, per una tecnologia oramai matura - si parla sempre più di quale cloud adottare piuttosto del “se” adottarlo - resta la modalità di attuazione della nuvola, a partire da quelli che sono i diversi elementi strutturali di un’organizzazione.

Secondo una recente indagine “Digital Business Transformation Survey” realizzata da The Innovation Group, solo il 4% delle imprese italiane ha completato la transizione verso il full-cloud, ma fra tre anni questa percentuale salirà al 25%, con una netta prevalenza di ambienti multivendor e la tendenza a rivolgersi a service provider italiani. Ma non è tutto: il 15% degli intervistati si trova ancora su sistemi on premise, una condizione destinata quasi a scomparire entro il 2025 (2%). Il grosso viaggia dunque su un’infrastruttura ibrida, per necessità e natura della propria realtà applicativa, alimentando un panorama complesso e frastagliato.

La ricerca aiuta a comprendere quali motivazioni risiedano dietro le decisioni di migrazione in corso: il motore economico resta rilevante ma in forte aumento sono anche la volontà di automatizzare le procedure esistenti (dal 34 al 53% in un anno), il passaggio da soluzioni on-premise a SaaS (dal 15 al 34%) e l’espansione nell’utilizzo del public cloud (dall’8 al 23%) oltre al fatto che il 34% delle organizzazioni intende orientarsi verso una strategia cloud-first. La survey globale di TIG evidenzia che per il 59% di queste, infatti, il tema della sicurezza di dati e applicazioni resta al centro dell’attenzione. Il 40%, inoltre, indica come fattore critico anche la necessità di garantire la continuità del servizio.

La customer discovery di Aruba Enterprise e Veeam

Partendo da questo contesto, Aruba Enterprise e Veeam, con il supporto di The Innovation Group, hanno effettuato un’indagine qualitativa per sondare quali workload e dati vengono migrati in cloud, quali sono le esigenze soddisfatte, i principali fattori di preoccupazione, oltre che, sul fronte della sicurezza, quali tendenze ed evoluzioni siano preventivabili nel breve e medio termine. Su 17 aziende italiane mappate - di taglio enterprise e appartenenti a diversi settori (trasporti, farmaceutico, costruzioni, retail e servizi) - per un primo insieme, il passaggio al cloud ha coinvolto per il momento le applicazioni di base e non ancora i sistemi core. I possibili nuovi sviluppi riguarderanno l’adozione di soluzioni SaaS e le procedure di backup e disaster recovery, attualmente gestite in casa.

Un secondo insieme, invece, si trova ancora in una fase di transizione: la strategia di migrazione è stata definita e comprende anche i sistemi core ma il processo è tuttora in corso. Si tratta di aziende che lavorano con infrastrutture ibride, sia per scelta che per adeguamento a quanto proposto dai fornitori. In questi contesti, il mindset dei manager o del personale necessita di un’evoluzione, per la quale l’IT gioca un ruolo chiave, per essere allineato agli interventi di innovazione.

Ad ogni modo, le scelte fin qui effettuate, per sistemi strategici o applicazioni, tendono a orientarsi verso il cloud pubblico, con particolare predilezione per i più noti player italiani e internazionali. Tuttavia, non mancano organizzazioni che lavorano in ambienti dove si combinano workload sul cloud pubblico e privato o che hanno la necessità di mantenere in un ambiente più controllato dati e processi considerati critici.

La sovranità del dato

Stando sempre alla ricerca promossa da Aruba Enterprise e Veeam, la presenza dei dati sul territorio nazionale è spesso un elemento differenziante, sebbene prevalga anche l’idea di poter fare affidamento su sistemi europei, potendo beneficiare del concetto di “sovranità” del dato. L’uso di applicazioni realizzate o gestite da vendor italiani resta un fattore di spinta, non meno di quanto il cliente consideri solido e affidabile un fornitore, congruo nell’assicurare, in termini di continuità del servizio, sia sicurezza che competitività sul fronte dei costi.

Focalizzandoci sugli aspetti che riguardano la protezione dei dati con procedure di backup e disaster recovery, c’è una netta distinzione tra chi ha scelto di mantenere un controllo più stringente, viaggiando ancora e solo on-premise o in cloud privato, e chi ha già fatto il salto verso il pubblico. Proprio le aziende già orientate verso il cloud pubblico o privato tendono ad affidarsi al fornitore di riferimento senza doversi occupare troppo di applicare policy o soluzioni specifiche, accettando dunque con fiducia quanto definito nei contratti. Meno marcata è la tendenza ad affidare all’esterno il disaster recovery per due motivi: da un lato non tutti hanno delineato un piano focalizzato alla gestione, dall’altro si riscontra ancora un radicamento della volontà a mantenere la funzione internalizzata, sfruttando le ridondanze già implementate in passato.

Per approfondire i temi della ricerca, scarica il paper “La protezione dei dati alla prova del cloud