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Dalla busta paga alle dimissioni: la PEC nel rapporto con il datore di lavoro

12/10/2022
Dalla busta paga alle dimissioni: la PEC nel rapporto con il datore di lavoro
PMIProfessionisti
Nel corso del tempo, le modalità di scambio di comunicazioni tra datore di lavoro e dipendente nell’ambito del rapporto lavorativo sono notevolmente mutate: oggi è possibile avvalersi di strumenti telematici e digitali che ne assicurano la tempestività e al contempo la valenza giuridica. In questo quadro, ha guadagnato spazio l’uso della PEC in casi di rilievo: ad esempio, quando il datore di lavoro la utilizza quale modalità di invio della busta paga o di comunicazione del licenziamento. Il dipendente annovera la PEC tra i mezzi di comunicazione a sua disposizione per segnalare al datore di lavoro un ritardo dell’invio dello stipendio.

In base a quanto prescrive la legge n. 4/1953, il datore di lavoro ha l’obbligo di consegnare ai lavoratori un prospetto di paga indicante tutti gli elementi utili alla ricostruzione dello stipendio o salario dovuto: si tratta della busta paga (o cedolino dello stipendio), che va consegnata al dipendente all’atto della corresponsione della retribuzione, cioè nel momento in cui viene pagato lo stipendio. Obbligo che può essere assolto anche previa consegna del LUL, cioè il Libro Unico del Lavoro, introdotto a decorrere dal 1° gennaio 2009, dalla legge n. 133/2008, in un'ottica di semplificazione degli adempimenti in materia di lavoro: il cedolino rimane comunque un documento autonomo e distinto rispetto al LUL pur finendo per coincidere nella prassi con un suo estratto, per singolo lavoratore.

PEC per l’invio della busta paga

La busta paga può essere consegnata:
  • in formato cartaceo,
  • via e-mail,
  • via PEC,
  • online tramite il sito web aziendale.
Qualora vi fossero “lacune informatiche” del dipendente, però, il datore di lavoro deve trasmettere i cedolini paga in via esclusivamente cartacea (Tribunale di Milano, sentenza n. 1092/2019, est. Pazienza).

I chiarimenti del Ministero del Lavoro

Interpello n. 1/2008  l’azienda che utilizza il servizio di PEC seguendo le procedure previste dall’apposita normativa, nel rispetto delle regole in materia di protezione dei dati personali, potrà validamente assolvere agli obblighi di consegna del prospetto di paga anche per via telematica. L’unica ulteriore incombenza a carico del datore di lavoro attiene alla necessità che l’azienda metta a disposizione del lavoratore idonee tecnologie ed attrezzature informatiche per la ricezione e stampa del prospetto, posto che i costi relativi alla formazione e consegna dello stesso sono a carico dell’impresa. Pertanto, il datore di lavoro può “trasmettere il cedolino di paga come file allegato a un apposito messaggio di posta elettronica, a condizione che venga inviato ad indirizzo di posta elettronica intestato al lavoratore provvisto di password personale”. Il Ministero ha così ritenuto che la trasmissione telematica del prospetto di paga sia compatibile con le disposizioni della legge n. 4/1953, se eseguita con le modalità e i limiti sopra indicati, atteso che il servizio di posta elettronica certificata costituisce idonea prova, nei confronti degli organi ispettivi di vigilanza, dell’effettiva trasmissione e ricezione da parte del lavoratore di detto prospetto.
Interpello n. 8/2010  il datore di lavoro privato può inviare il prospetto anche a mezzo posta elettronica non certificata, atteso che il D.Lgs. n. 82/2005 trova applicazione nei rapporti con la PA e non obbligatoriamente tra privati. Tale adempimento può essere effettuato anche dal consulente del lavoro e dagli altri soggetti abilitati, su delega del datore di lavoro, sul quale però permane la responsabilità per la mancata ricezione del prospetto stesso da parte del proprio dipendente nonché l’onere della prova della avvenuta consegna.
Interpello n. 13/2012 nel confermare la legittimità della consegna del documento anche mediante posta elettronica non certificata - a condizione che sia garantita al dipendente la possibilità di entrare nella disponibilità del prospetto e di poterlo materializzare, nonché con l’opportuna adozione, da parte del datore di lavoro, delle opportune iniziative per comprovare l’avvenuto adempimento nei confronti di ciascun lavoratore - il Ministero ha ammesso anche che gli obblighi di cui agli articoli 1 e 3, legge n. 4/1953 possono essere assolti previa collocazione dei prospetti di paga su sito web dotato di un’area riservata con accesso consentito al solo lavoratore interessato, mediante utilizzabilità di una postazione internet dotata di stampante e l’assegnazione di apposita password o codice segreto personale. In tali ipotesi, per garantire la verifica immediata da parte del lavoratore o comunque gli eventuali accertamenti dell’organo di vigilanza, deve risultare traccia della collocazione mensile dei prospetti di paga nello stesso sito web.

PEC per segnalare al datore di lavoro un ritardo dell’invio della busta paga

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non ottemperi tempestivamente all’obbligo di invio della busta paga (fattispecie per la quale la legge prevede sanzioni, sia per il caso del ritardo sia per quello di omissione) il dipendente può chiedere, autonomamente o tramite un suo legale, all’Ispettorato territoriale del Lavoro competente di agire nei confronti del datore di lavoro affinché adempia.
Tale istanza, che mira a un “tentativo di conciliazione monocratico” tra le parti, è di regola preceduta da un sollecito di pagamento bonario o da una lettera di diffida ad adempiere alla consegna, o alla messa a disposizione, della busta paga: queste comunicazioni sono inviate dal lavoratore al proprio datore di lavoro inadempiente, a firma dell’avvocato con preavviso di azioni legali, tramite raccomandata A/R o PEC, che come la prima consente di disporre delle ricevute di invio e di consegna.
La validità della trasmissione e ricezione del messaggio inviato tramite PEC è, infatti, attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna.

PEC per licenziare

La comunicazione del licenziamento deve rispettare taluni obblighi formali. In particolare, ai sensi della legge n. 604/1966, il datore di lavoro (imprenditore o non imprenditore), a pena di inefficacia deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro, indicando i motivi specifici che lo hanno determinato.
In mancanza di una norma che indichi quali siano le modalità di comunicazione del licenziamento ammissibili, la giurisprudenza ha ritenuto valide tutte quelle che comportino la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità e che, quindi, garantiscano la certezza del fatto che il lavoratore ne sia venuto a conoscenza e di quale sia il momento in cui ciò accada.
Pertanto, i giudici hanno ritenuto legittimo il recapito a mano del documento al destinatario, la consegna a mano a mezzo d'incaricati e la trasmissione tramite raccomandata (Cass. n. 23061/2007; Cass. n. 6527/2003).
Secondo la Cassazione, è valida la comunicazione del recesso dal rapporto di lavoro anche se effettuata tramite posta elettronica “ordinaria”: “il requisito della comunicazione per iscritto del licenziamento deve ritenersi assolto, in assenza della previsione di modalità specifiche, con qualunque modalità che comporti la trasmissione al destinatario del documento scritto nella sua materialità, pertanto, anche mediante invio di una e-mail”.
L’efficacia del licenziamento intimato al lavoratore via e-mail si basa sul fatto che il messaggio di posta elettronica - come la lettera cartacea - è idoneo ad integrare i requisiti della forma scritta prescritti dalla legge n. 604/1966.
Deve, però, anche potersi avere la certezza che il contenuto dell’e-mail sia venuto a conoscenza del lavoratore: tale certezza può essere desunta dalla risposta alla mail da parte del dipendente licenziato oppure, come nella fattispecie concreta esaminata dalla Cassazione, dalla circostanza che il dipendente abbia inviato una serie di e-mail ai suoi colleghi di lavoro raccontando l’interruzione per volontà datoriale del suo rapporto di lavoro (Cass. n. 29753/2017)
Sono state ritenute ammissibili anche le comunicazioni di licenziamento tramite WhatsApp (Trib. di Catania, ordinanza 27 giugno 2017) e via SMS (Corte d’Appello di Firenze, sentenza 5 luglio 2016, n. 629): in entrambi i casi, tali modalità sono state ritenute legittime alla luce del fatto i dipendenti avevano subito provveduto alle relative impugnazioni stragiudiziali.
Eventuali dubbi sul rispetto di tale requisito formale vengono meno qualora il datore di lavoro/mittente decida di irrogare il licenziamento al dipendente/destinatario previo invio della PEC, della quale quest’ultimo sia provvisto.
Analogamente, è stato considerato quale atto scritto idoneo, ai sensi dell'art. 6, comma 1, legge n. 604/1966, a rendere nota la volontà di impugnare il licenziamento, la trasmissione via PEC - da parte del difensore del lavoratore - di una copia informatica per immagine dell'atto analogico di contestazione, se ricevuta dal datore di lavoro entro il termine di legge (Corte d’Appello di Milano, sentenza 12 ottobre 2021, R.G. n. 956/2021), fermo restando il principio sancito dalla Cassazione: “l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza di esso e determinato così il raggiungimento dello scopo legale” (Cass. n. 4721/2019).

Il modulo dimissioni online

A seguito delle riforme introdotte con il Jobs Act e nell’intento di contrastare il fenomeno delle "dimissioni in bianco", a partire dal 12 marzo 2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro devono essere effettuate in modalità esclusivamente telematiche. Il lavoratore può scegliere tra due opzioni:
  • inviare il modulo autonomamente tramite il sito del Ministero del Lavoro a cui è possibile accedere tramite SPID o CIE, accedendo a un form online che consente di recuperare le informazioni relative al rapporto di lavoro da cui si intende recedere dal sistema delle Comunicazioni Obbligatorie (per i rapporti instaurati prima del 2008, invece, il lavoratore deve indicare la data di inizio del rapporto di lavoro, la tipologia contrattuale e i dati del datore, in particolare l'indirizzo email o PEC);
  • rivolgersi a un soggetto abilitato (patronato, organizzazione sindacale, ente bilaterale, commissioni di certificazione, consulenti del lavoro, sedi territoriali competenti dell'Ispettorato Nazionale del Lavoro) affidandogli il compito di compilare i dati e inviarli al Ministero del Lavoro.
In questo caso, quindi, il lavoratore non può (più) inviare le proprie dimissioni tramite PEC ma è necessario che conosca l’e-mail e/o la PEC del datore di lavoro per poterla inserire nel modulo dimissioni online.
La procedura di dimissioni telematica è obbligatoria per quasi tutti i lavoratori dipendenti del settore privato (compresi i lavoratori in somministrazione) rimanendo escluse le seguenti categorie:
  • lavoratori domestici (come colf e badanti);
  • lavoratori in periodo di prova;
  • lavoratori che sottoscrivono risoluzioni consensuali tramite accordi di conciliazione in sede stragiudiziale;
  • genitori che si dimettono entro i primi tre anni di età del bambino;
  • lavoratori marittimi.
Sono altresì esclusi dalla procedura telematica:
  • i lavoratori del pubblico impiego;
  • i collaboratori coordinati e continuativi;
  • i tirocinanti.

A cura di Wolters Kluwer