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La PEC fa bene all’economia

08/04/2024
La PEC fa bene all’economia
EnterprisePMIProfessionisti
Passare alla PEC per sostituire i tradizionali servizi di corrispondenza fa davvero bene al portafoglio di professionisti e imprese. Lo dice la nuova analisi quantitativa sulla digitalizzazione della comunicazione in Italia, realizzata dall’International Data Corporation (IDC), che evidenzia i benefici economici che derivano dall’utilizzo della PEC, corrispondenti, in linea di massima, a una serie di tagli delle spese dovuti: alla riduzione degli spostamenti necessari per andare e venire dagli uffici postali (risparmio benzina), al mancato consumo di carta da utilizzare per fogli e buste da parte degli utenti, cui corrisponde un mancato consumo di conferme di ricezione e ricevute di ritorno (risparmio acquisto carta dovuto alla digitalizzazione), all’eliminazione delle attese presso gli uffici postali (ottimizzazione dell’impiego delle risorse) e alla liberazione degli spazi di archivio per la conservazione dei documenti (locali in meno da gestire/acquistare/affittare per tale finalità). Un ventaglio di benefici che affermano sempre più la PEC quale “pilastro dei servizi digitali fiduciari del futuro”.

Si intitola proprio “Benefici e opportunità della PEC: pilastro dei servizi digitali fiduciari del futuro” (gennaio 2024) il White Paper IDC, promosso da Aruba, InfoCert e Tim Enterprise tramite Trust Technologies, per analizzare gli effetti positivi della digitalizzazione della comunicazione in Italia, con riferimento a un periodo di previsione che copre il triennio 2023-2026.
L’analisi disegna degli scenari molto più ampi rispetto a quelli relativi al mero utilizzo che dei cosiddetti Servizi fiduciari digitali (Digital Trust Services) viene fatto dal cittadino/impresa, in modo tale che ne emerge la grande valenza e un ventaglio di benefici non immediatamente percepibili.
Partendo da una stima dei benefici economici cumulativi derivanti dell’impiego della PEC per l’Italia, che si attesta su un valore di circa 3,5 miliardi di euro per il periodo 2008-2022, lo studio dell’IDC calcola una crescita di questo valore cumulativo nel 2026 fino a 6 miliardi di euro. Numeri da capogiro: la posta elettronica certificata, con circa 16 milioni di caselle PEC attive e 2 miliardi e mezzo di messaggi inviati, nel 2023, è il servizio fiduciario più diffuso e con impatti positivi su larga scala, quali:
  • riduzione dei costi della “mobilità frizionale” e conseguente abbattimento delle emissioni di CO2;
  • incremento della produttività, in termini sia di riduzione dei costi postali, sia di risparmio di ore di lavoro/full-time equivalent (FTE);
  • riduzione dello spreco di carta e conseguente risparmio di spazi di archiviazione.

Siamo ben oltre l’obiettivo della semplificazione delle procedure e delle pratiche amministrative.
Si tratta di ricadute positive che non sempre rientrano nel campo delle prime considerazioni operate dall’utente, nel momento in cui valuta di utilizzare la PEC per sostituire la tradizionale raccomandata con ricevuta di ritorno. Certamente, il primo vantaggio percepito sarà quello della capacità della PEC di mantenere lo stesso valore legale della raccomandata A/R, con attestazione dell’invio e dell’avvenuta consegna del messaggio e la possibilità di fornire ricevute opponibili ai terzi.
Inoltre, verrà considerata positivamente anche la garanzia offerta rispetto alla normale email dell’integrità e dell’inalterabilità dei messaggi inviati e ricevuti. Accanto a ciò, verranno messi sul piatto della bilancia anche i costi, laddove per la PEC generalmente essi sono rappresentati dal costo di acquisto (una tantum) e di rinnovo del servizio fornito da un Gestore Certificato. 
Di solito, le valutazioni sulla convenienza di questo strumento rispetto alla Raccomandata A/R si fermano qui e l’utente impresa/cittadino non sempre arriva a considerare anche i benefici che si ottengono su un arco temporale più lungo o ancora gli aspetti vantaggiosi che non sono immediatamente evidenti e che la nuova analisi quantitativa realizzata dall’IDC ha il pregio di fare emergere, nel solco dei risultati e delle proiezioni delle precedenti indagini sugli sviluppi dell’utilizzo della PEC rispetto ai tradizionali servizi postali di corrispondenza e sui vantaggi che ne discendono.
Senza dimenticare che la PEC si colloca nel più ampio quadro dei Digital Trust Services sviluppati in Italia per cittadini, imprese e Pubbliche Amministrazioni e costituiti da SPID, CIE, Firma digitale e Domicilio Digitale, con i quali si muove in azione sinergica nell’ambito del processo di trasformazione digitale delle comunicazioni.

Orizzonte 2026: 650 milioni di euro di benefici economici dall’utilizzo della PEC

Proviamo, dunque, ad allargare l’orizzonte dei vantaggi della PEC, con l’ausilio di alcune stime operate dall’IDC sui suoi più ampi benefici economici
Secondo il White Paper, nel solo 2026 i benefici totali attesi dall’utilizzo della PEC saranno di circa 650 milioni di euro, numeri che, a loro volta, sono il riflesso dell’immensa platea di fruitori del servizio PEC, in continua crescita: l’analisi dell’IDC calcola che vi saranno in Italia 20 milioni di indirizzi PEC attivi nel 2026 (cioè, quasi il 18% dei cittadini nella fascia di età tra 18 e 65 anni), per un totale di quasi 3 miliardi e mezzo di messaggi certificati inviati. È su questa ipotesi conservativa che si basa l’intera previsione dell’IDC.

Il beneficio economico primario

Tornando ai benefici che hanno un impatto monetario sugli utilizzatori e che derivano dall’impiego della PEC, nel dettaglio quello più consistente è costituito dall’effetto economico discendente dalla sostituzione di un sistema di prezzi basato sul peso della singola corrispondenza cartacea con uno incentrato su abbonamento annuale senza limite di messaggi (effetto economico): “Tale beneficio - scrive l’IDC - deriva dal costo non sostenuto nell’inviare corrispondenza cartacea, al netto dell’esborso economico reale per l'utilizzo di un indirizzo PEC”.
Si tratta dell’effetto economico primario percepito dagli utenti.

A questo effetto economico primario si aggiungono i benefici cumulativi secondari, che sono dati dall’insieme di 5 categorie di impatti e, nel dettaglio, derivano dalla riduzione:
  • della mobilità degli utenti;
  • dell’impronta carbonica (Carbon footprint);
  • dei tempi di attesa;
  • degli spazi di archiviazione;
  • dell’abbattimento di alberi.

Soffermiamoci sugli aspetti più “strettamente” economici di questa seconda categoria di benefici.

Immagine Benefici PEC.png
 

Quando “meno movimento” fa bene: la riduzione della “mobilità frizionale”

C’è un’espressione che viene utilizzata dai redattori del White Paper IDC che può fare incuriosire, perché non presente nel linguaggio corrente: si tratta di “mobilità frizionale”, una sorta di neologismo tecnico - più correttamente si potrebbe forse parlare di “espressione polirematica” - con la quale viene indicato lo spostamento dal domicilio del cittadino, dalla sede del libero professionista, dell’impresa e della Pubblica Amministrazione, per recarsi fisicamente presso l’ufficio postale e accedere ai servizi di corrispondenza tradizionale. Secondo le stime dell’IDC, nel 2026 la riduzione di tale “mobilità frizionale” raggiungerà, grazie alla PEC, 349 milioni di chilometri, con un rialzo del 35,8% rispetto al dato storico del 2022.
La previsione tiene conto delle distanze relative alle aree di copertura geografica degli uffici postali in Italia, del volume di posta “sostituita”, consistente, in particolare, in raccomandate, posta assicurata e atti giudiziari (nel White Paper IDC si parla di “posta descritta”), del numero di messaggi PEC, effettuando su tali dati un’operazione di stima del tasso di sostituzione posta descritta/PEC (elaborazione IDC, in base ai dati forniti dalle Poste Italiane e dall’AgID).
Potremmo, altresì, aggiungere gli ulteriori risparmi conseguenti alla minore usura dei mezzi e delle superfici stradali.

Eliminazione dei tempi di attesa

Un fattore da non sottovalutare e che viene, infatti, preso in considerazione dal White Paper IDC è costituito dall’eliminazione dei tempi di attesa presso gli uffici postali, calcolati in FTE annuali (full time equivalent o equivalente a tempo pieno). 
L'equivalente a tempo pieno è il numero di risorse pianificate o utilizzate per portare a termine una determinata attività, laddove 1 FTE equivale a una persona impiegata a tempo pieno (40 ore settimanali).

Esempio
Immaginiamo una persona assunta da uno studio professionale quasi esclusivamente per andare alle poste a spedire raccomandate e che, invece, grazie al passaggio alla PEC, può essere “liberata” per essere preposta ad attività più strettamente legate al core business

Secondo le stime dell’IDC, i tempi di accesso ai servizi postali si attestano su una media di 16 minuti, mentre l’accesso da remoto attraverso il proprio computer permette di ridurre in modo significativo i tempi di attesa, per un risparmio atteso per il 2026 equivalente a 3.113 FTE.

Liberazione degli spazi di archiviazione

Categoria non meno importante e significativa è quella che misura la liberazione degli spazi di archiviazione.

Esempio
Se ne può ben rendere conto chi abbia avuto modo di vedere gli archivi di uno studio legale, che deve conservare i suoi atti, debitamente ordinati in fascicoli, per dieci anni.

Lo studio IDC, basandosi sul presupposto che un metro lineare di archivio occupa circa 0,2 metri quadrati, considera quale fortemente rilevante l’eliminazione della necessità della conservazione fisica di documenti e ricevute di ritorno, aspetto significativo soprattutto per i grandi utilizzatori di PEC. Grazie all’archiviazione digitale, oggi è possibile liberare enormi spazi di archiviazione fisica, eliminando quelli dedicati alla corrispondenza cartacea: il White Paper prevede che, nel 2026, tale risparmio raggiunga quasi 1,7 milioni di metri quadrati.

A cura di Wolters Kluwer


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