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Processo telematico: l’utilizzo della PEC per avvocati e tributaristi

15/11/2019
Processo telematico: l’utilizzo della PEC per avvocati e tributaristi
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Il processo telematico, nato sostanzialmente in ambito civile ma successivamente esteso ad altri ambiti come quello tributario e introdotto con l’obiettivo della semplificazione amministrativa, prevede una serie di attività svolte tramite canale telematico quali la consultazione on-line del fascicolo telematico, la comunicazione telematica con gli uffici giudiziari, il pagamento telematico del contributo unificato. Come si è evoluto questo strumento? E che ruolo gioca la PEC nelle modalità di comunicazione?
 
L’idea del processo telematico nasce alla fine del secolo scorso con l’obiettivo di creare un sistema che consentisse l’utilizzo di atti e documenti informatici, inizialmente prodotti dalla PA, ai quali la legge n. 59/1997 (“Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa”) conferiva pieno valore legale.

Le prime sperimentazioni del processo telematico avvengono in ambito civile, grazie all’entrata in vigore del D.P.R. n. 123/2001 (“Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti”), in cui viene sancita la possibilità di compiere atti e provvedimenti del processo come documenti informatici sottoscritti con firma digitale e viene, inoltre, definito il Sistema Informatico Civile destinato a “contenitore” dei suddetti atti e provvedimenti.

L’inizio, però, non è dei migliori in quanto la fragilità delle regole tecniche e dei sistemi di sicurezza adottati fanno slittare di qualche anno l’effettivo utilizzo del processo telematico in ambito civile.
Nel 2004 il Ministero di Grazia e Giustizia introduce il D.M. 14 ottobre 2004 (“Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile”) al fine di sanare la carenza di regole tecniche che caratterizzava la normativa degli anni precedenti; in questo contesto prende particolare rilievo la definizione del Punto di accesso, ovvero la “porta telematica”, al Sistema Informatico Civile.

Possono infatti accedervi i soggetti abilitati esterni attraverso un punto di accesso che può essere attivato esclusivamente dai seguenti soggetti pubblici e privati:

a) i consigli dell'ordine degli avvocati, ciascuno limitatamente ai propri iscritti;
b) il Consiglio nazionale forense, limitatamente ai propri iscritti e agli iscritti dei consigli dell'ordine degli avvocati;
c) il Consiglio nazionale del notariato, limitatamente ai propri iscritti;
d) l'Avvocatura dello Stato, le amministrazioni statali o equiparate, e gli enti pubblici, limitatamente ai loro iscritti e dipendenti;
e) il Ministero della giustizia, per i soggetti abilitati interni e in via residuale, ove sussistano oggettive difficoltà per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti di cui ai punti a) e b);
f) il Ministero della giustizia, in via residuale, ove sussistano oggettive difficoltà per l'attivazione del servizio da parte dei soggetti privati, al solo fine di garantire l'accesso agli esperti e ausiliari del giudice;
g) i soggetti privati che hanno forma di società per azioni e capitale sociale e requisiti di onorabilità di cui al D.Lgs. n. 385/1993.

Il ruolo della PEC

In questo contesto le comunicazioni di atti e provvedimenti informatici vengono scambiate attraverso una “Casella di Posta Elettronica Certificata del processo telematico” rilasciata esclusivamente da un Punto di Accesso.
Nel 2008 sempre il Ministero di Grazia e Giustizia introduce il D.M. 17 luglio 2008 (“Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in sostituzione del decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004”): la sostanza non cambia rispetto al precedente decreto del 2004 ma la semplificazione della parte tecnica e la correzione di alcune anomalie in tema di redazione degli atti e dello strumento di redazione degli stessi fa sì che la sperimentazione del processo civile telematico possa partire non solo a Milano ma anche in altre città d’Italia quali Bari, Bologna, Catania, Genova, Lamezia Terme, Napoli e Padova. Nel corso del 2009/2010 il processo civile telematico prende piede in tutta la Lombardia e anche in altre città del Veneto e del Piemonte, ma la vera svolta si ha nel 2011 con l’introduzione del D.M. n. 44/2011 (“Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione”).

Tra le varie semplificazioni introdotte si evidenziano le seguenti:
  1. la definizione del Portale dei servizi telematici che costituisce il sistema volto a fornire un’unica porta di accesso ai servizi telematici resi disponibili dal Ministero della Giustizia. Tale portale consente l'accesso da parte soggetti abilitati e degli utenti privati alle informazioni, ai dati e ai provvedimenti giudiziari secondo quanto previsto dall'art. 51 del Codice in materia di protezione dei dati personali. Il portale consente, inoltre, l’accesso senza l'impiego di apposite credenziali, sistemi di identificazione e requisiti di legittimazione, alle informazioni e alla documentazione sui servizi telematici del dominio giustizia, alle raccolte giurisprudenziali e alle informazioni essenziali sullo stato dei procedimenti pendenti, che vengono rese disponibili in forma anonima.
  2. l’abolizione dell’utilizzo della casella di PEC del processo telematico rilasciata dal Punto di Accesso in favore della semplice casella di PEC per lo scambio di atti e provvedimenti, eliminando così, di fatto, l’obbligo di iscrizione ad un Punto di Accesso per poter depositare gli atti telematicamente.
  3. l’introduzione del Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (RegIndE), gestito direttamente dal Ministero della Giustizia, contiene i dati identificativi nonché l’indirizzo PEC dei soggetti abilitati esterni, ovverossia: a) appartenenti ad un ente pubblico; b) professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge; c) ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giustizia (questo non si applica per gli avvocati, il cui specifico ruolo di difensore implica che l’invio dell’albo deve essere sempre fatto dall’ordine di appartenenza o dall’ente che si difende).
Dunque, il deposito di un atto per via telematica è eseguito attraverso il sistema della posta elettronica certificata.
L’atto e i suoi allegati devono essere inviati utilizzando un messaggio di PEC (Deposito atto generico) indirizzato all’ufficio giudiziario (consultabile in Uffici Giudiziari).

Cosa deve fare il professionista

Il professionista deve pertanto:
  • essere censito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (RegIndE);
  • essere dotato di casella di PEC, regolarmente censita nel RegIndE;
  • essere dotato di certificato di firma digitale;
  • disporre di un apposito software per la creazione della busta telematica.

Sulla spinta del processo civile telematico, oggi esteso a tutto Italia, nel 2017 viene esteso a tutto il territorio nazionale anche il processo tributario telematico, a conclusione di una graduale estensione a livello regionale iniziata il 1° dicembre 2015.
Come per il processo civile telematico, anche nel caso del processo tributario telematico l’utente ha l'opportunità, previa registrazione attraverso il portale dedicato, di accedere al Sistema Informativo della Giustizia Tributaria e di depositare gli atti e i documenti processuali già notificati alla controparte. Inoltre, i giudici tributari, i contribuenti, i professionisti e gli enti impositori, potranno consultare da casa o dai propri uffici il fascicolo processuale contenente tutti gli atti e documenti del contenzioso a cui sono interessati.

Nel caso del processo tributario telematico le regole tecniche sono riepilogate nel D.M. 28 novembre 2017 (“Modifica delle specifiche tecniche di cui all'articolo 10 del decreto 4 agosto 2015 concernente l'uso degli strumenti informatici e telematici nell'ambito del processo tributario”).
In sostanza, per l'invio di ogni singolo documento informatico, la dimensione massima consentita per ciascun file è di 10 MB. Qualora il documento/atto sia superiore alla dimensione massima è necessario suddividerlo in più file. Il nome del file è libero ma non può superare la lunghezza di 100 caratteri. Per ciascun invio è possibile inserire fino a 50 file, con una dimensione massima complessiva non superiore a 50 MB. È comunque possibile trasmettere ulteriore documentazione attraverso invii successivi.

In fase di registrazione è obbligatoria la comunicazione di un indirizzo di PEC che sarà utilizzata dal Portale per la notifica delle ricevute e/o di eventuali errori inerenti l’attività di deposito dei documenti.
Con il decreto fiscale 2019 viene sancito l’obbligo del processo tributario telematico che si applicherà per i ricorsi e gli appelli notificati a decorrere dal 1° luglio 2019, per i quali la notifica e il deposito degli atti e documenti presso le segreterie delle Commissioni tributarie dovrà avvenire esclusivamente in modalità telematica, eliminando quasi completamente la modalità di deposito cartacea, che resterà facoltativa soltanto per i contribuenti che decidono di stare in giudizio senza l’assistenza di un difensore abilitato, possibile per le liti fino a 3.000 euro di valore.

A cura di Wolters Kluwer