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Multicloud, cos’è e quali differenze con il cloud ibrido

12/10/2018
Multicloud
EnterprisePMIProfessionisti

La ricerca della massima flessibilità, il controllo dei costi e la sicurezza influenzano in maniera sostanziale il mercato del cloud, dando forma a soluzioni e proposte in continua evoluzione. Secondo IDC (IDC #EMEA43742418, Aprile 2018), il 30% delle aziende europee avrà in essere un ambiente IT ibrido entro il 2019 (di cui il 9% multicloud ready) mentre un altro 30% ha intenzione di adottare una delle due soluzioni entro un anno.

Il futuro dell’IT è fatto di ambienti ibridi – insiemi eterogenei e intercomunicanti di tecnologie e servizi on premise, legacy e cloud – e multicloud.

Proprio il concetto di multicloud è particolarmente interessante, non solo per gli aspetti tecnici ma soprattutto per l’influenza che soluzioni simili avranno sul mercato del cloud, offrendo alle aziende modalità sempre più flessibili per costruire la propria infrastruttura IT sulla base di esigenze uniche.

Ma cos’è, di preciso, il multicloud e quali sono le differenze con il cloud ibrido?

La confusione è generata dal fatto che i due termini sono spesso utilizzati indifferentemente per indicare una soluzione di più ambienti cloud utilizzati dalla stessa azienda, aspetto che accomuna effettivamente i due modelli, nonostante presentino differenze sostanziali.

Abbiamo visto come il cloud ibrido utilizzi l’unione di nuvole pubbliche e private per ottenere la massima flessibilità su di un unico ambiente.

Il multicloud, d’altro canto, può essere definito come un’infrastruttura che utilizza più cloud pubblici di fornitori diversi. Questi ambienti possono essere utilizzati per scopi e compiti differenti, oltre che per ridurre il rischio rappresentato dal vendor lock-in, garantendo quindi flessibilità e sicurezza allo stesso tempo. Alla base di una soluzione simile c’è la consapevolezza del fatto che settori diversi della stessa azienda hanno necessità differenti: questo si riflette anche sull’infrastruttura, che dovrà avere specifiche ideali per ogni singola applicazione.

Andando ancora di più nello specifico, quali che siano le ragioni per cui un’azienda decida di adottare una strategia multicloud, l’insieme di nuvole pubbliche scelte lavoreranno in combinazione con infrastrutture fisiche on premise, risorse virtualizzate e cloud privati: in pratica, un ambiente multicloud non si limita all’utilizzo di più fornitori pubblici, ma ha la capacità di includere ogni aspetto di un’infrastruttura IT complessa.

Questo si traduce in tre principali vantaggi: a differenza delle soluzioni ibride, dove diversi cloud lavorano assieme, condividendo e intersecando insiemi di dati, il multicloud ha la capacità di compartimentalizzare compiti, ambienti e applicazioni, aggiungendo un ulteriore livello di profondità alla capacità di proteggere i dati e di fornire continuità di servizio.

Inoltre, nell’ottica della migrazione dei servizi, il multicloud minimizza la dipendenza nei confronti di un solo provider di servizi e diminuisce, grazie alla compartimentalizzazione delle applicazioni su diversi cloud, la complessità dei progetti di migrazione.

Infine, tutti i provider di strumenti multicloud (come RightScale, ParkMyCloud, Scalr, Cloudify, etc.) hanno messo a punto applicazioni e suite specifiche per ottimizzare i costi e di gestire macchine virtuali su vendor diversi, offrendo la possibilità di controllare le risorse da un’unica dashboard che funge da pannello di controllo.

Multicloud: è tutto oro quello che luccica?

In buona parte, sì.

Il futuro multicloud presenta incredibili opportunità alle realtà e ai CIO che ne sapranno cogliere le sfide. D’altronde, non si tratta più solo di controllare i costi, ma di ottenere strutture agili e scalabili e – soprattutto – sicure, capaci di semplificare il raggiungimento della compliance rispetto alle nuove normative GDPR.

 “La protezione dei dati è certamente il tema più discusso in questo 2018, segnato da un’impennata nella richiesta di soluzioni di disaster recovery, business continuity e backup”, dichiara Stefano Sordi, CMO di Aruba in occasione del roadshow Non solo cloud - L’infrastruttura del futuro sarà un mix unico di traditional e digital: scalabile, flessibile e sicura organizzato in collaborazione con IDC “Merito anche del GDPR, che pone questioni molto rilevanti in termini di protezione del dato, non solo in termini di tutela della privacy ma anche al fine di evitarne la perdita, garantirne la disponibilità in qualsiasi momento, la portabilità e la localizzazione.  La legge rappresenta un grande passo avanti, perché la Comunità Europea è stata davvero pioniera sul tema del trattamento dei dati personali, stabilendo dei principi fondamentali per l’identità delle persone”.

Ed è proprio la protezione dei dati a rappresentare il grande motore ad imprimere il maggiore impulso al cambiamento del cloud così come lo conosciamo, verso soluzioni sempre più evolute.