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I “codici natura” della e-fattura per le operazioni con l’estero

05/07/2021
I “codici natura” della e-fattura per le operazioni con l’estero
PMIPrivatiProfessionistiPubblica Amministrazione
Il 1° gennaio 2021 è entrato in vigore l’obbligo di utilizzare per la fatturazione elettronica i nuovi codici natura IVA di dettaglio (ad esempio N2.1., N2.2., N3.1, etc.), che sostituiscono i codici generici precedentemente utilizzati (N2, N3, N6). Tra i casi più comuni e più controversi che presuppongono l’utilizzo dei codici natura vi sono quelli relativi alle operazioni con l’estero, rispetto ai quali le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate devono essere opportunamente contestualizzate e integrate.

Nella versione 1.3 della Guida alla compilazione della fattura elettronica, pubblicata il 18 dicembre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha illustrato le modalità di utilizzo dei nuovi codici natura IVA, introdotti dal 1° gennaio 2021. Un’importante novità riguarda i codici da utilizzare quando l’operazione oggetto di fatturazione non dà luogo all’applicazione dell’IVA.

Operazioni non territorialmente rilevanti in Italia

Tra le operazioni più comuni che richiedono l’utilizzo dei codici natura si richiamano le operazioni extraterritoriali, cioè le cessioni di beni e le prestazioni di servizi non soggette ad IVA in quanto non soddisfano il presupposto territoriale di cui agli articoli da 7 a 7-octies del D.P.R. n. 633/1972. Per queste fattispecie la fattura elettronica deve essere emessa, per obbligo, dal cedente o prestatore italiano ai sensi dell’art. 21, comma 6-bis, D.P.R. n. 633/1972, con il codice N2.1, che sostituisce il codice generico N2 adottato in precedenza.
È il caso, per esempio, delle cessioni di beni che, al momento del passaggio della proprietà, si trovino già in territorio extracomunitario, oppure in altro Stato membro con imposta assolta dal cessionario con il meccanismo del reverse charge.
È dato osservare che la Guida dell’Agenzia delle Entrate fa riferimento agli articoli da 7 a 7-septies del D.P.R. n. 633/1972, ma il predetto codice deve essere utilizzato anche per le operazioni di cui all’art. 7-octies, che dal 10 giugno 2020 ha modificato i criteri territoriali applicabili ai servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici per effetto della previsione di una soglia annua di 10.000 euro al di sotto della quale i predetti servizi assumono rilevanza nel Paese di stabilimento del fornitore, anziché in quello del cliente, “privato consumatore”.

Operazioni non imponibili

Il codice natura deve essere riportato nella fattura elettronica anche per le operazioni con l’estero che la normativa italiana qualifica come “non imponibili”.
In tal caso, il codice natura IVA specifico da utilizzare al posto del generico N3 adottato in precedenza dipende dalla tipologia di cessione o prestazione posta in essere.
Se per le cessioni all’esportazione “dirette” di cui alle lettere a), b) e b-bis) dell’art. 8, D.P.R. n. 633/1972 si deve utilizzare il codice N3.1, per le cessioni all’esportazione “indirette” di cui alla lettera c), vale a dire le cessioni e le prestazioni a favore degli esportatori abituali che rilasciano la dichiarazione d’intento, il codice da riportare nella fattura elettronica è l’N3.5.

Operazioni assimilate a quelle non imponibili

Il nuovo codice N3.4 identifica le operazioni assimilate alle esportazioni, di cui all’art. 8-bis del D.P.R. n. 633/1972, ma è il caso di osservare che il medesimo codice deve essere utilizzato anche per i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, elencati nell’art. 9 del decreto IVA (ad esempio, trasporti di persone eseguiti in parte nel territorio dello Stato e in parte nel territorio estero in dipendenza di un unico evento).

Sul punto, occorre ricordare che il regime di non imponibilità presuppone che l’operazione rientri nel campo di applicazione dell’imposta ai sensi degli articoli da 7 a 7-octies. In difetto, anziché il codice previsto per la specifica fattispecie non imponibile, deve essere utilizzato il codice N2.1, previsto per le operazioni extraterritoriali.
Per esempio, se il prestatore italiano effettua una lavorazione su beni di provenienza estera non ancora definitivamente importati per conto di un committente non residente, l’operazione non beneficia del regime di non imponibilità di cui all’art. 9, comma 1, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972, non essendo territorialmente rilevante ai fini IVA in Italia ai sensi dell’art. 7-ter dello stesso D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, la fattura emessa deve riportare il codice N2.1 e non il codice N3.4.

Cessioni intracomunitarie

Le cessioni intracomunitarie di beni, che vanno fatturate con il titolo di non imponibilità di cui all’art. 41 del D.L. n. 331/1993, sono contraddistinte dal codice N3.2, che deve essere utilizzato anche per le cessioni intracomunitarie effettuate in base ad una “triangolazione comunitaria” (ad esempio, nel caso in cui il cedente nazionale consegni i beni per conto del proprio acquirente comunitario in uno Stato membro diverso da quello di appartenenza di quest’ultimo).
La Guida dell’Agenzia delle Entrate specifica che lo stesso codice caratterizza:
  • le cessioni intracomunitarie di beni prelevati da un deposito IVA con spedizione in altro Stato membro, di cui all’art. 50-bis, comma 4, lettera f), del D.L. n. 331/1993;
  • le cessioni intracomunitarie di prodotti agricoli e ittici, anche se non compresi nella Tabella A, Parte prima, allegata al D.P.R. n. 633/1972, effettuate dai produttori agricoli che applicano il regime speciale di cui all’art. 34 dello stesso D.P.R. n. 633/1972.

Altre operazioni che non concorrono a formare il plafond

La Guida dell’Agenzia delle Entrate elenca ulteriori operazioni che non concorrono a formare il plafond IVA per le quali deve essere utilizzato il codice residuale per le operazioni non imponibili N3.6. Fra queste:
  • le cessioni relative a beni in transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale;
  • le cessioni a soggetti domiciliati o residenti fuori dalla UE (art. 38-quater, comma 1, D.P.R. n. 633/1972);
  • le cessioni di beni destinati ad essere introdotti nei depositi IVA (art. 50-bis, comma 4, lettera c, D.L. n. 331/1993);
  • le cessioni di beni e le prestazioni di servizi aventi ad oggetto beni custoditi in un deposito IVA (art. 50-bis, comma 4, lettere e ed h, D.L. n. 331/1993);
  • i trasferimenti di beni da un deposito IVA a un altro (art. 50-bis, comma 4, lettera i, D.L. n. 331/1993).
Come si evince dalle istruzioni relative alla dichiarazione IVA annuale, lo stesso codice natura identifica anche altre operazioni che non rilevano ai fini del plafond, quali:
  • le prestazioni di servizi rese al di fuori della UE da agenzie di viaggio e turismo rientranti nel regime speciale ex art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972;
  • le cessioni all’esportazione di beni usati assoggettate al regime speciale del margine, per la quota-parte dei corrispettivi che non costituisce “margine”, di cui all’art. 37, comma 1, D.L. n. 331/1993.
A cura di Wolters Kluwer