L’attività di personal trainer consiste nel seguire i propri clienti secondo degli allenamenti personalizzati, programmati quindi in base alle caratteristiche di ogni singolo individuo.
Negli ultimi anni, soprattutto dopo la chiusura temporanea di tutte le strutture sportive avvenuta nel 2020 causa COVID, molti personal trainer hanno iniziato parallelamente dei programmi di allenamento completamente online, con la possibilità quindi di poter seguire i propri clienti a distanza.
La Riforma dello sport 2023, in vigore dal 1° luglio, ha introdotto importanti cambiamenti per i lavoratori dello sport, in particolare, il decreto attuativo n. 36/2021 offre una chiara definizione del lavoratore sportivo (tra cui i personal trainer), delimitando il campo di azione e le diverse modalità di rapporto professionale, che possono essere sia di natura subordinata che autonoma.
I
personal trainer possono aprire una partita IVA per esercitare la propria attività, ciò consente loro di lavorare in modo indipendente e offrire i propri servizi a diverse strutture sportive o clienti privati. Questa modalità di lavoro permette ai personal trainer di avere maggiore flessibilità e autonomia nella gestione della propria attività, consentendo loro di stabilire tariffe, orari e modalità di lavoro personalizzate. La Riforma dello sport mira quindi a promuovere lo sviluppo e la professionalità dei personal trainer, fornendo loro una solida base normativa per operare nel settore sportivo come professionisti autonomi.
L’apertura della partita IVA è una pratica davvero semplice, basta infatti compilare l’apposito modello AA9-12 e presentarlo presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate presente sul territorio italiano, che rilascerà immediatamente il
certificato di attribuzione della partita IVA, contenente il numero e ogni altra informazione necessaria.
Al momento dell’apertura della partita IVA, una delle scelte più importanti da prendere riguarda la scelta del proprio regime fiscale di appartenenza.
Regime forfettario per personal trainer
Il regime forfettario, ad oggi, rappresenta l’unico regime di vantaggio presente in Italia. Le alternative (regime semplificato o regime ordinario) presentano una percentuale di tassazione e un numero di adempimenti burocratici da intraprendere molto differenti.
Il regime forfettario rappresenta il regime fiscale ideale per tutti i personal trainer che per la prima volta vogliono iniziare un’attività autonoma in quanto garantisce loro una serie di vantaggi come:
- tassazione al 5%. Per i primi 5 anni il regime forfettario presenta una percentuale di imposte davvero vantaggiosa, la tassazione (denominata imposta sostitutiva) infatti è pari al 5%, passerà poi al 15% dal sesto anno in poi;
- no IVA. Nel regime forfettario non è presente l’IVA sulle fatture emesse. I clienti finali non dovranno quindi pagare il 22% di IVA in fattura, garantendo un risparmio sul totale che potrebbe agevolare i professionisti in regime forfettario in quanto “preferiti” ai colleghi in regime semplificato o ordinario;
- esenzione dalla ritenuta d’acconto. Oltre a essere esentato dall’applicazione dell’IVA, il regime forfettario lo è anche dall’applicazione della ritenuta d’acconto, che invece è presente (nella percentuale del 20%) negli altri regimi fiscali e nelle prestazioni occasionali;
- contabilità più semplice. Rispetto al regime semplificato o ordinario, il regime forfettario presenta degli adempimenti fiscali ridotti. Basti pensare che non comprende la dichiarazione IVA trimestrale e annuale, né gli studi di settore e nemmeno l’obbligo di registrazione delle fatture, ecc.
Per poter aderire al regime forfettario è però necessario rispettare una serie di limiti, il più importante è sicuramente un tetto di fatturato, stabilito dal 2019 in 65.000 euro; tutti coloro che dovessero superare
il limite di 65.000 euro di incassi, dovranno abbandonare questo regime di vantaggio dal 1° gennaio dell’anno successivo.
Un altro vincolo di accesso al regime forfettario è stato introdotto per coloro che sono contemporaneamente lavoratori dipendenti: sarà possibile aprire una partita IVA forfettaria solo nel caso in cui il reddito lordo percepito da dipendente sia inferiore a
30.000 euro nell’anno precedente.
Altra limitazione riguarda coloro che sono in possesso di quote societarie: non è prevista l’adesione al regime forfettario per tutti coloro in possesso di quote di società di persone (sas o snc), mentre coloro in possesso di quote di società di capitarli (srl o srls) potranno aderirvi solo in caso di “non controllo” della società.
Dal 1° Luglio 2022 inoltre, anche per gli aderenti al regime forfettario con un fatturato annuo superiore ai 25.000 euro è stato previsto l’obbligo di
emissione di fatture elettroniche. Dal 1° Gennaio 2024 invece, sarà la volta anche di tutti quei forfettari con un fatturato annuo inferiore ai 25.000 euro. Tutti i personal trainer dovranno quindi dotarsi di un apposito
software di fatturazione elettronica che, oltre all’ emissione di fatture, permetta anche la conservazione delle stesse secondo i nuovi termini di legge.
Di fondamentale importanza è anche il possesso di un
indirizzo PEC (Posta Elettronica Certificata), necessario per aprire la partita IVA, e che permette inoltre l’invio di comunicazioni verso tutti gli uffici della Pubblica Amministrazione con identico valore legale di una raccomandata.
Contributi INPS per personal trainer
Oltre al versamento delle imposte, ogni personal trainer titolare di partita IVA dovrà provvedere autonomamente al versamento dei propri
contributi previdenziali INPS.
L’attività di personal trainer, così come tantissime altre attività esistenti, è una vera e propria attività professionale per la quale però non è stato istituito un albo di appartenenza e una cassa previdenziale. Tutti i professionisti “senza albo” hanno quindi l’obbligo di iscrizione alla
gestione separata INPS, un fondo nato proprio per permettere a questi professionisti il versamento dei contributi ai fini pensionistici.
La gestione separata INPS, al contrario ad esempio della gestione commercianti o artigiani INPS, non prevede delle quote previdenziali “minimali” da versare anche in assenza di fatturato, ma il versamento dei contributi solo in percentuale sull’utile prodotto.
Dal 1° gennaio 2022 la percentuale da versare alla gestione separata INPS ai fini pensionistici è stata fissata al 26,23%.