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La PEC per gli avvocati

07/12/2020
La PEC per gli avvocati
PMIPrivatiProfessionistiPubblica Amministrazione
Il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione forense comporta per gli avvocati la necessità di munirsi di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata da elevare a domicilio digitale; tale indirizzo deve essere comunicato all’Ordine di appartenenza che, in caso di omissione della comunicazione, è tenuto a diffidare il professionista a effettuare la comunicazione entro massimo 30 giorni, pena la sospensione dall’albo. Anche l’Ordine è tenuto alla comunicazione dei domicili digitali dei propri iscritti al Registro Generale degli Indirizzi e/o all’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata. Tutto ciò al fine di agevolare la diffusione della PEC quale strumento di comunicazione prevalente tra imprese, Pubblica Amministrazione e cittadini come nel caso del processo telematico.

La posta elettronica certificata è a tutti gli effetti uno degli strumenti di comunicazione più sicuro e versatile in quanto consente di equiparare il valore legale di un messaggio inviato con strumenti elettronici a una raccomandata con ricevuta di ritorno, garantendo:
  • (al mittente) prova dell’avvenuta consegna con ricevute opponibili ai terzi;
  • (al destinatario) sicurezza di integrità del messaggio e verifica della provenienza del medesimo.

PEC e avvocati

Per quanto riguarda gli avvocati, il conseguimento dell’abilitazione all’esercizio della professione forense comporta la necessità di munirsi di un indirizzo di Posta Elettronica certificata, così come disposto dall’art. 16 del D.L. n. 185/2008. L’indirizzo di Posta Elettronica Certificata può essere richiesto tramite il proprio Ordine (servizio offerto nella maggior parte dei casi tramite accordi diretti tra l’ordine e un Ente Gestore PEC) oppure direttamente presso uno degli Enti Gestori PEC presenti sul mercato e diventa, così, il domicilio digitale dell’avvocato.

Di norma i Collegi e gli Ordini provvedono a stipulare convenzioni con Enti Gestori PEC opportunamente selezionati, in modo da garantire un’offerta standard per la fornitura di caselle di Posta Elettronica Certificata a prezzi molto contenuti; il vantaggio di appoggiarsi al proprio Ordine, inoltre, consente, nella maggior parte dei casi, di ottemperare all’obbligo di comunicazione del proprio domicilio digitale al Consiglio dell’Ordine in modo automatico.

Gli avvocati possono anche rivolgersi direttamente a un Ente Gestore PEC che non sia necessariamente quello selezionato dai rispettivi Ordini: in questi casi vi è la possibilità di scegliere il taglio della casella di PEC tra una gamma più ampia di prodotti e questo consente al professionista di trovare il prodotto più confacente alle proprie esigenze. Inoltre, rimane in capo all’avvocato l’onere di comunicare al Consiglio dell’Ordine il proprio domicilio digitale.

Ad oggi non esiste nessuna norma che vieti il possesso di più indirizzi di Posta Elettronica Certificata; resta, però, fermo il fatto che solo l’indirizzo comunicato al consiglio dell’Ordine di appartenenza sarà quello validamente utilizzato per le comunicazioni e i depositi telematici a valore legale.

Qualora un avvocato fosse titolare di più caselle di Posta Elettronica Certificata, è molto importante prestare attenzione a utilizzare per il deposito telematico degli atti solo quella comunicata al proprio Consiglio dell’Ordine e inserita da quest’ultimo nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici - RegInde (fino a poco tempo fa considerato l’unico registro valido per recuperare indirizzi PEC a cui notificare atti giudiziari) gestito dal Ministero della Giustizia e/o presso l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata - INI-PEC (da circa un anno e mezzo considerato anch’esso, grazie a due sentenze della Corte di Cassazione di aprile 2019, un repository valido per il recupero di indirizzi PEC a cui notificare atti giudiziari).

Mancata comunicazione del domicilio digitale

La mancata comunicazione del domicilio digitale al proprio Ordine di appartenenza, fino a pochi mesi fa, non era soggetta a nessun tipo di sanzione.
Con il decreto Semplificazioni (D.L. n. 76 del 16 luglio 2020), si cambia rotta e vengono introdotte misure per i professionisti che non comunicano il proprio domicilio digitale all’albo o elenco di appartenenza: in questi casi il Collegio o Ordine di appartenenza è tenuto a diffidare il professionista ad adempiere, entro 30 giorni, alla suddetta comunicazione.
In caso di mancata ottemperanza alla diffida, il Collegio o Ordine di appartenenza commina al professionista la sanzione della sospensione dal relativo albo o elenco fino alla comunicazione dello stesso domicilio.
Non è, inoltre, consentito comunicare da parte di uno studio legale un unico domicilio digitale per più avvocati: in questo senso la normativa prevede che i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata (art. 16, comma 7, legge n. 2/2009) e pertanto l’indirizzo deve essere “personale”.

Con lo stesso decreto Semplificazioni vengono previste sanzioni per gli stessi Collegi o Ordini che non ottemperano l’obbligo di comunicazione dei domicili digitali relativi ai propri iscritti al Registro Generale degli Indirizzi Elettronici o all’Indice Nazionale degli Indirizzi PEC: in questi casi, il reiterato rifiuto di ottemperare a tale comunicazione da parte di un Collegio o di un Ordine, costituisce motivo di scioglimento e di commissariamento dello stesso ad opera del Ministero competente in termini di vigilanza.

Le misure introdotte sono volte a favorire l’utilizzo della Posta Elettronica Certificata nei rapporti fra Amministrazione, imprese e professionisti, attraverso il completamento dei processi di trasformazione digitale sia delle imprese che della Pubblica Amministrazione, con l’obiettivo di agevolarne l’operatività, soprattutto in situazioni di emergenza come come quella attuale.

La PEC nel processo telematico

In ambito forense si può parlare di vera e propria trasformazione digitale già nel 2011 con il D.M. 21 febbraio 2011, n. 44 “Regolamento concernente le regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale, delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione” e successive modifiche ed integrazioni.

Questo decreto introduce una serie di semplificazioni volte alla diffusione, su tutto il territorio nazionale, del processo telematico: in questo contesto, il deposito di un atto è previsto per via telematica ed è eseguito attraverso il sistema della Posta Elettronica Certificata. L’atto e i suoi allegati devono essere inviati utilizzando un messaggio PEC (Deposito atto generico) indirizzato all’ufficio giudiziario (consultabile in Uffici Giudiziari).

Il professionista deve pertanto:
  • essere censito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (RegIndE) o nell’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INIP-EC) con il proprio domicilio digitale;
  • essere dotato di certificato di firma digitale;
  • disporre di un apposito software per la creazione della busta telematica (file crittografato contenente tutti i documenti da inviare alla Cancelleria del Tribunale).
Il deposito telematico di un atto può sembrare una procedura complicata, ma in realtà i software scaricabili dai Punti di Accesso (le “porte” per accedere al Processo telematico) messi a disposizione sia dalle Cancellerie che dai vari Ordini, guidano passo dopo passo nello svolgimento delle operazioni necessarie alla creazione a all’invio della busta telematica.

Le novità del decreto Ristori

Con il decreto Ristori (D.L. 28 ottobre 2020, n. 137), inoltre, il Governo ha introdotto alcune ulteriori disposizioni per la semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze nella vigenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19:
  • l’art. 23, comma 6 dispone che il giudice abbia la facoltà di sostituire le udienze civili in materia di separazione e di divorzio con il “Deposito telematico” di note processuali previa rinuncia scritta a partecipare all’udienza da parte di tutte le parti aventi causa.
  • l’art. 24 dispone invece che il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze processuali relative al processo penale avvenga esclusivamente mediante deposito dal portale del processo penale telematico, con la possibilità di estendere tale procedimento ad altri atti che saranno di volta in volta identificati da appositi decreti del Ministero della Giustizia. Per tutti gli altri atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli di cui sopra, è consentito il deposito con valore legale mediante posta elettronica certificata inserita nel Registro Generale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata.

A cura di Wolters Kluwer