Dalla collaborazione tra Aruba e l’Università di Pisa è nato un progetto di ricerca che applica l’intelligenza artificiale alla gestione delle risorse cloud, con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici e migliorare l’efficienza operativa.
Una sfida condivisa
Il cloud computing è l’infrastruttura portante di molti servizi pubblici e privati ma, a fronte di una crescita continua della domanda, emerge con forza un tema trasversale: come rendere più sostenibile e intelligente l’uso delle risorse digitali.
L’energia consumata dai data center, infrastrutture dalle quali vengono erogati i servizi cloud, rappresenta oggi una delle principali voci di impatto ambientale del settore IT, con costi crescenti sia in termini economici che ambientali.
Proprio da questa esigenza nasce la collaborazione tra Aruba e l’Università di Pisa, un’alleanza tra industria e ricerca che punta a innovare profondamente la gestione delle infrastrutture cloud.
Da un lato c’è Aruba, con una rete di data center ad alta tecnologia progettati secondo criteri green-by-design.
Dall’altro c’è il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, punto di riferimento nazionale e internazionale nella ricerca su tecnologie avanzate e sostenibilità applicata all’ICT.
Le due realtà, da inizio 2024, hanno cominciato a lavorare per sviluppare un sistema predittivo capace di ottimizzare in tempo reale l’allocazione delle risorse nei data center, modulandone il funzionamento in base ai carichi effettivi e riducendo i consumi quando non strettamente necessari.
Il cuore tecnologico del progetto
Alla base della collaborazione c’è un’idea ambiziosa: rendere il cloud capace di “prevedere” il futuro, anticipando i bisogni delle macchine virtuali (VM) per gestire in modo più efficiente le risorse hardware. Questo è possibile grazie all’intelligenza artificiale, in particolare al machine learning, che permette di analizzare grandi quantità di dati storici per riconoscere pattern e comportamenti ricorrenti.
Il progetto si fonda su due algoritmi complementari sviluppati congiuntamente dai ricercatori universitari e dagli ingegneri Aruba:
- Il primo ha il compito di profilare dinamicamente le risorse cloud, raggruppandole in base al loro comportamento passato in termini di utilizzo di risorse.
- Il secondo, invece, utilizza questi profili per assegnare le risorse cloud alle risorse hardware più appropriate, ottimizzando così l’uso dell’infrastruttura e abbattendo i consumi energetici senza compromettere le performance.
A supportare questo lavoro c’è un’architettura basata su OpenStack, piattaforma open source che consente una gestione modulare e flessibile del cloud. I ricercatori hanno realizzato una proof-of-concept completa, testata attraverso simulazioni su casi reali che hanno prodotto risultati promettenti: ottimizzazione del carico tra nodi, maggiore reattività nella gestione dei picchi e riduzione dei consumi nei momenti di bassa attività.
In sintesi, si tratta di un progetto che coniuga innovazione algoritmica, sperimentazione concreta e visione sistemica: una base solida su cui costruire la prossima generazione di servizi cloud.
Un modello virtuoso di innovazione
Il progetto di Pisa si distingue per il modello di collaborazione che lo sostiene:
un dialogo continuo e strutturato tra impresa e ricerca, in cui ciascun attore ha messo in campo le proprie eccellenze per affrontare una sfida comune.
Per Aruba, questa sinergia ha significato
accedere a competenze accademiche avanzate, potendo sperimentare soluzioni su misura per il proprio ecosistema cloud. Ma ha anche rappresentato un’opportunità per investire nella formazione, offrendo a studenti e ricercatori la possibilità di confrontarsi con casi reali e tecnologie di frontiera.
Per il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, invece, il progetto ha portato
una concreta applicazione della ricerca, rafforzando la propria vocazione a ridurre la distanza tra laboratorio e industria.
Una componente fondamentale di questo modello è stato il
coinvolgimento del team del FoReLab (Future-oriented Research Lab), struttura d’eccellenza del Dipartimento, che ha garantito approccio scientifico, flessibilità e rigore metodologico. L’interdisciplinarietà del gruppo di lavoro, con incontri regolari e revisioni iterative basate su dati concreti, ha permesso di adattare gli algoritmi alle esigenze operative, dimostrando che anche l’intelligenza artificiale può essere “personalizzata”.
Il progetto si avvia ora verso la fase di produzione:
l’obiettivo è trasferire i benefici ottenuti in simulazione all’ambiente reale, aprendo la strada a un modello replicabile in altri contesti cloud. In un settore che richiede sempre maggiore efficienza e responsabilità ambientale, questa esperienza dimostra che innovare si può.