L’
intelligenza artificiale generativa (GenAI) sta cambiando il mondo a una velocità sorprendente. Non si tratta più solo di chatbot o generatori di immagini: oggi parliamo di sistemi capaci di prendere decisioni, apprendere dall’esperienza e interagire con il mondo in modi sempre più sofisticati. A dirlo non è solo il mercato, ma anche la
Commissione Europea, che attraverso il suo centro studi
JRC (Joint Research Centre) ha pubblicato il
Generative AI Outlook Report: Exploring the Intersection of Technology, Society, and Policy.
Questo documento fotografa lo stato dell’arte della GenAI, ne analizza le tendenze emergenti e le
implicazioni tecnologiche, economiche e sociali, e propone una serie di
raccomandazioni per favorire innovazione e competitività nel solco dei valori dell’UE.
Vediamo meglio cosa emerge dal report.
Le nuove frontiere tecnologiche della GenAI
Il report individua due grandi tendenze emergenti:
- l’Agentic AI: si tratta di sistemi capaci di agire in autonomia, prendere decisioni, apprendere dall’esperienza, pianificare azioni complesse. Esempi concreti includono progetti come Meta Coral o Google DeepMind.
- La Multi-modal AI: si tratta di modelli in grado di elaborare input eterogenei (come testi, immagini, video, audio e persino dati genetici o clinici) e di integrarli, per fornire risposte più complete, naturali e contestualizzate. GPT‑4o, Gemini o Claude 3.5 sono esempi di AI multimodale.
Inoltre, il report evidenzia una crescente diffusione di
modelli più snelli, ottimizzati per funzionare direttamente sui dispositivi dell'utente, e che riducono consumo energetico, latenza e rischi per la privacy.
Impatto economico della GenAI: tra opportunità e squilibri
L’intelligenza artificiale generativa sta trasformando radicalmente il tessuto economico europeo e globale. Le aziende che adottano la GenAI possono automatizzare processi, ridurre i costi operativi,
migliorare la produttività e creare nuovi modelli di business basati sull’analisi avanzata dei dati e sulla personalizzazione dei servizi.
Il report invita però a
non ignorare i rischi sistemici che accompagnano questo cambiamento:
- uno dei rischi principali è la disuguaglianza salariale: l’automazione spinta può ridurre la domanda di lavoro per mansioni ripetitive o meno qualificate, mentre aumenta il valore di competenze altamente specializzate. In questo modo si crea un divario crescente tra chi possiede competenze digitali avanzate e chi no;
- un altro punto critico riguarda la perdita di competenze tradizionali: con l’affidamento crescente alla GenAI di compiti creativi, analitici o decisionali, c’è il rischio che alcune abilità umane vengano trascurate, con conseguenze sulla formazione e sull’occupabilità futura;
- il report poi sottolinea anche il pericolo della concentrazione del potere tecnologico. Le risorse necessarie per sviluppare e addestrare modelli di GenAI avanzati sono infatti nelle mani di pochi grandi attori globali. Questo può portare a fenomeni di lock-in tecnologico, e limitare la concorrenza e l’accesso equo all’innovazione, soprattutto per startup e PMI europee.
Impatto sociale della GenAI: tra inclusività e rischi
Il potenziale dell’intelligenza artificiale generativa è enorme anche sul piano sociale: la GenAI infatti può
democratizzare l’accesso alla conoscenza, rendendo contenuti complessi accessibili a un pubblico più ampio, anche in contesti con risorse educative limitate. Può inoltre fornire gli strumenti per
potenziare la creatività individuale anche a chi non ha competenze tecniche avanzate.
Un altro aspetto positivo sottolineato dal report riguarda l’
inclusività: i sistemi di GenAI infatti possono essere progettati ad esempio per supportare persone con disabilità, per superare barriere linguistiche e culturali, e per favorire una partecipazione più ampia alla vita digitale e sociale.
Ma in questo panorama ci sono anche numerose ombre:
- la disinformazione: la capacità della GenAI di generare testi, immagini e video realistici può essere sfruttata per diffondere contenuti manipolati o falsi, con impatti potenzialmente gravi su opinione pubblica, risultati elettorali e coesione sociale;
- c’è poi il problema dei pregiudizi algoritmici: se i dati su cui si addestrano i modelli riflettono stereotipi o discriminazioni, questi possono essere amplificati e influenzare negativamente l’equità dei processi decisionali automatizzati;
- il report segnala anche un rischio più sottile, ma altrettanto importante: l’erosione del pensiero critico. L’abitudine a delegare alla GenAI la produzione di contenuti, la sintesi delle informazioni o la risoluzione dei problemi, potrebbe intaccare la nostra capacità di analizzare, valutare e mettere in discussione autonomamente ciò che leggiamo o ascoltiamo;
- un altro problema rilevante sta nella tutela della privacy, in particolare in settori come quello sanitario o educativo.
GenAI: le raccomandazioni dell’UE
Il report propone una serie di raccomandazioni concrete per guidare lo sviluppo della GenAI in modo
responsabile e sostenibile, tra cui:
- aggiornare regolarmente l’AI Act, per tenere il passo con l’evoluzione tecnologica;
- rafforzare il coordinamento tra l’AI Office europeo e le autorità nazionali competenti, per evitare la frammentazione della normativa;
- sviluppare framework regolatori flessibili, capaci di adattarsi rapidamente ai cambiamenti;
- sostenere startup e PMI, garantendo loro accesso a dataset e infrastrutture di qualità;
- promuovere soluzioni open source, per evitare fenomeni di lock-in tecnologico;
- espandere l’uso dei Data Spaces europei, per favorire l’interoperabilità dei dati;
- investire nella formazione dei cittadini, per promuovere una cultura digitale critica e consapevole;
- sviluppare sistemi trasparenti e responsabili, che rendano chiari i criteri con cui l’intelligenza artificiale genera contenuti o prende decisioni;
- considerare la sostenibilità ambientale ed etica nello sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale.
UE e GenAI: tra regole e innovazione
Secondo il report, l’Unione Europea si colloca al terzo posto nel panorama globale della GenAI, dopo Stati Uniti e Cina. Un risultato che riflette l’impegno europeo nel
bilanciare innovazione tecnologica e tutela dei diritti fondamentali.
La sfida ora è mantenere questo equilibrio, promuovendo un ecosistema digitale competitivo ma anche etico e inclusivo.