Come il dominio .cloud è diventato un punto di riferimento per comunicare innovazione tecnologica e servizi online, così per molte attività che guardano al futuro l’estensione .ai sta diventando un tassello chiave nella strategia della propria presenza digitale.
In un momento in cui l’intelligenza artificiale (AI) è l’innovazione più disruptive degli ultimi anni, destinata a incidere profondamente su economia, lavoro e competitività,
un dominio .ai non è solo un indirizzo web: è una dichiarazione di intenti, il biglietto da visita con cui aziende e startup si presentano in un ecosistema sempre più guidato dai dati e dagli algoritmi.
La conseguenza di tutto ciò è stata una grande diffusione dei domini .ai, con un trend di crescita che definire esplosivo è, perfino, riduttivo: secondo gli ultimi dati dell’ICANN, l’organismo internazionale che coordina i nomi di domino, dai circa
598 mila domini attivi a inizio gennaio si è arrivati a oltre
904 mila a fine settembre, con un incremento di oltre
306 mila registrazioni in appena nove mesi: il ritmo medio sale così a circa
34 mila nuovi domini al mese, quasi il
70% in più rispetto al 2024, con il traguardo simbolico del
milione di registrazioni atteso nel primo trimestre del prossimo anno.
Dai Caraibi alla tech revolution
Nata nel 1995 come
country code top level domain di Anguilla, l’estensione .ai è passata da sigla geografica a “marchio non ufficiale” dell’intelligenza artificiale che oggi è una delle estensioni più ricercate da startup e aziende che lavorano con
AI, machine learning e automazione avanzata.
Il successo non riguarda solo il digitale: il governo di Anguilla stima di raggiungere a fine 2025 entrate pari a 42 milioni di euro,
cioè quasi la metà del gettito complessivo dello Stato, trasformando il dominio in una vera “miniera d’oro” nazionale.
Perché registrare un dominio .ai
In questo scenario, dovrebbero prendere seriamente in considerazione un
dominio .ai tutte le aziende che, a vario titolo,
stanno costruendo valore sull’intelligenza artificiale.
In prima linea ci sono ovviamente
le startup e le scaleup native AI - che sviluppano algoritmi, piattaforme SaaS, modelli generativi o servizi di data analytics - per le quali un indirizzo racconta subito, anche prima di atterrare sul sito, di che cosa sia fatto il cuore del business.
Tuttavia, il ragionamento vale sempre di più anche per le imprese tradizionali che stanno lanciando linee di prodotto “AI powered” (dalla manifattura al finance, dal marketing automation al customer care), per i grandi gruppi che vogliono dare visibilità a una
business unit dedicata all’innovazione, come pure per gli studi professionali, le software house e le società di consulenza che sull’intelligenza artificiale hanno costruito una practice.
I vantaggi sono molteplici. Vediamo i principali:
Branding: un dominio .ai rafforza il posizionamento e rende immediatamente chiaro a clienti, partner e investitori che l’azienda non si limita a usare l’AI, ma la considera un asset strategico
Marketing e comunicazione: un indirizzo breve e coerente con il tema AI può aumentare il tasso di clic nei risultati di ricerca e rende più
efficace ogni campagna, dall’ADV alle presentazioni commerciali.
Architettura del brand: affiancare al dominio principale (.it, .com, ecc.) un dominio .ai dedicato a un prodotto, a un laboratorio interno o a un portale di servizi permette di separare l’area “sperimentazione/innovazione” dal resto del sito istituzionale, senza creare confusione.
Valore difensivo:
prevenire mosse di terzi e presidiare uno spazio digitale che, per chi lavora davvero con l’intelligenza artificiale, rischia di diventare sempre più difficile - e costoso - da conquistare in futuro.
Rischi e sfide: cybersquatting e tutela del brand
L’altra faccia di questo boom è, appunto, rappresentata dai rischi: con l’aumento del valore percepito del .ai crescono i casi di
cybersquatting, cioè registrazioni speculative di domini simili a marchi esistenti, con l’obiettivo di rivenderli o sfruttarne il traffico.
Gli ultimi dati resi disponibili dall’
Arbitration and Mediation Center della WIPO, l’organizzazione internazionale della Proprietà Intellettuale, segnalano che nel corso 2024 sono stati presentati oltre 6.000 casi di dispute su nomi a dominio, uno dei volumi più alti mai registrati
Come registrare un dominio .ai
Per chi vuole trasformare tutte le opportunità viste finora in un progetto concreto, il primo passo è
verificare la disponibilità del nome scelto, dove potrà cercare il proprio brand e vedere subito in quali estensioni è libero.
Da lì, sarà possibile attivare non solo il .ai, ma anche tutti gli altri strumenti digitali utili alla propria strategia globale in rete, con servizi inclusi come la gestione dei DNS, il redirect, le email personalizzate, e la possibilità di abbinare
hosting e strumenti basati sull’AI per creare e far crescere il proprio sito più velocemente.
Per presidiare in modo ancora più mirato il mondo dell’intelligenza artificiale, Aruba offre
una pagina dedicata alla registrazione della nuova estensione dove è possibile controllare in tempo reale la disponibilità e
attivare il dominio .ai in pochi passaggi, inserendolo da subito al centro della strategia digitale.