La sicurezza informatica resta una delle priorità assolute per le organizzazioni di ogni dimensione. Tra i modelli difensivi più consolidati c’è la sicurezza perimetrale, ovvero quell’insieme di tecnologie e pratiche che hanno lo scopo di proteggere l’infrastruttura IT monitorando e filtrando il traffico in ingresso e in uscita dal “perimetro” aziendale. Per anni questo approccio ha rappresentato il cardine delle strategie di protezione, ponendo l’accento sulla creazione di una barriera netta tra ciò che è “interno” e ciò che è “esterno” alla rete.
In un contesto caratterizzato da attacchi sempre più sofisticati e da infrastrutture ibride, comprendere i principi della sicurezza perimetrale è fondamentale per definire una difesa realmente efficace.
Strumenti fondamentali della sicurezza perimetrale
A livello operativo, la difesa perimetrale si basa su un set di strumenti consolidati:
- Firewall di nuova generazione (NGFW): non solo semplici filtri di pacchetti, ma soluzioni capaci di analizzare il traffico fino al livello applicativo, identificando minacce avanzate e applicando policy granulari, che include IDS/IPS (Intrusion Detection/Prevention System), cioè sistemi che rilevano comportamenti anomali e tentativi di intrusione, bloccandoli in tempo reale.
- VPN (Virtual Private Network): tecnologie che permettono connessioni sicure tra sedi e utenti remoti, garantendo riservatezza e integrità del traffico.
- Web Application Firewall (WAF): specificamente progettati per proteggere applicazioni e servizi web, oggi vettori privilegiati di attacco.
Questi strumenti costituiscono la prima linea di difesa e, se correttamente configurati e aggiornati, continuano a rappresentare un presidio fondamentale.
I limiti del perimetro nell’era del cloud e del lavoro remoto
Negli ultimi anni, però, la nozione stessa di “perimetro” si è fatta più sfumata. Con la diffusione di
cloud pubblico, ambienti ibridi e modelli di lavoro da remoto, il confine tra interno ed esterno non è più definibile in maniera netta. I dati e le applicazioni non risiedono più soltanto in un data center centralizzato, ma sono distribuiti tra infrastrutture locali e piattaforme cloud.
Questo scenario espone i sistemi a nuove superfici di attacco: endpoint mobili, applicazioni SaaS, accessi da reti non controllate. Affidarsi esclusivamente alla sicurezza perimetrale tradizionale rischia di lasciare scoperte aree critiche, perché non tiene conto della mobilità degli utenti e della natura distribuita delle risorse.
Zero Trust: oltre la sicurezza perimetrale
Da questa evoluzione è nato il paradigma dello
Zero Trust Security Model, che parte da un presupposto radicale:
non fidarsi di nessun utente o dispositivo, indipendentemente dalla sua posizione nella rete. L’accesso viene concesso solo dopo una verifica continua di identità, contesto e livello di rischio, applicando il principio del
least privilege.
Le architetture Zero Trust integrano controlli multipli: autenticazione forte, segmentazione della rete, monitoraggio costante delle attività e micro-segmentazione delle applicazioni. Non si tratta di sostituire il perimetro, ma di estendere la sicurezza ovunque siano presenti utenti e dati, superando i confini tradizionali.
Strategie per una difesa efficace
Una protezione realmente resiliente nasce dalla combinazione di diversi livelli di sicurezza. Alcune best practice:
- Integrazione di più soluzioni: firewall, IDS/IPS, WAF e sistemi di endpoint protection devono dialogare tra loro, evitando silos di sicurezza.
- Monitoraggio continuo: log, alert e sistemi SIEM (Security Information and Event Management) consentono di rilevare comportamenti anomali e intervenire tempestivamente.
- Automazione e orchestration: le piattaforme di SOAR (Security Orchestration, Automation and Response) velocizzano le risposte agli incidenti, riducendo l’impatto di un attacco.
- Formazione e consapevolezza: la sicurezza non è solo tecnologia, ma anche cultura aziendale; il fattore umano resta uno dei principali vettori di rischio.
- Partner qualificati: affidarsi a provider con competenze verticali permette di accedere a tecnologie all’avanguardia e a un know-how specialistico, riducendo complessità operative e tempi di reazione.
La security come leva di continuità
La sicurezza informatica non deve essere percepita come un costo, ma come una
leva di continuità e fiducia: proteggere il patrimonio digitale significa salvaguardare dati, reputazione e capacità operativa dell’azienda.
Aruba, attraverso le sue
soluzioni di CyberSecurity, supporta organizzazioni di ogni dimensione nell’implementazione di architetture di difesa evolute, combinando sicurezza perimetrale, Zero Trust e gestione proattiva del rischio. Un approccio che unisce tecnologie avanzate e competenza specializzata, mettendo al centro le reali esigenze di continuità operativa delle imprese.