Magazine

Cloud Repatriation: scoprire i costi nascosti e rendere il TCO più prevedibile

18/12/2025
EnterprisePMIPubblica Amministrazione
Negli ultimi anni il modello pay-per-use del cloud pubblico ha introdotto maggiore flessibilità nella gestione dell’IT aziendale, grazie a una logica di spesa commisurata ai consumi reali. Tuttavia, molte organizzazioni hanno osservato che questa flessibilità può comportare anche costi variabili difficili da pianificare, in particolare per quei carichi di lavoro con caratteristiche stabili. Per CFO e CIO interessati alla prevedibilità dei budget, ciò ha aperto la strada a una riflessione più ampia sulla struttura dei costi IT e sul ruolo delle infrastrutture private come leva di ottimizzazione.

Costi variabili: la sfida del modello pay-per-use

Il modello a consumo consente di adattare le risorse IT al fabbisogno, ma introduce anche dinamiche di costo che possono essere complesse da anticipare. Esempi concreti includono l’incremento del traffico dati in uscita (egress), le istanze attivate temporaneamente e poi dimenticate, o il ridimensionamento eccessivo delle macchine virtuali. Secondo il report Gartner Forecast: Public Cloud Services, Worldwide 2023–2029, circa il 35% della spesa cloud a livello globale viene classificata come “non ottimizzata” a causa di questi fenomeni.

In scenari di crescita rapida, come quelli che coinvolgono l’adozione di tecnologie AI o data analytics, queste dinamiche possono amplificarsi, generando scostamenti di budget non previsti. Inoltre, il modello di pricing articolato offerto da molti provider cloud, spesso con migliaia di Stock Keeping Unit (un codice univoco assegnato a un servizio) e opzioni, contribuisce a rendere più complesso il monitoraggio accurato dei costi.

Perché il pay-per-use sorprende il CFO

Anche quando i workload aziendali sono stabili e poco variabili, non soggetti a picchi di carico, possono comunque generare dinamiche di costo complesse all’interno di un modello pay-per-use. È qui che spesso emerge la difficoltà di prevedere con precisione il budget, soprattutto per chi – come il CFO – deve stimare l’impatto economico complessivo su base mensile o annuale.

Esistono infatti diverse componenti secondarie di spesa che, nel tempo, possono incidere in modo significativo:
  • Egress fee e traffico dati: anche in presenza di carichi statici, le integrazioni con sistemi esterni, l’uso di strumenti di analytics o backup verso sedi remote possono aumentare sensibilmente il volume di traffico in uscita, generando costi non immediatamente visibili in fase di pianificazione;
  • Servizi correlati: il funzionamento di molte applicazioni cloud si appoggia a servizi accessori – come logging, monitoraggio, API gateway, sicurezza, backup – che possono incidere più del costo delle risorse principali (CPU, RAM, storage).
  • Crescita organica dei dati: anche un workload “stabile” può vedere crescere nel tempo il proprio footprint digitale, richiedendo maggiore spazio di archiviazione, backup più estesi e più traffico di rete.
  • Complessità del pricing: le voci di costo sono spesso articolate, con combinazioni di tariffe orarie, costi per accesso o per numero di richieste, rendendo difficile stimare a priori il valore reale del servizio.
Questi elementi, sommati, possono rendere la previsione dei costi meno affidabile, generando variazioni rispetto al budget iniziale e incidendo sulla marginalità attesa.

Cloud Repatriation: maggiore controllo e prevedibilità

Proprio in risposta a queste esigenze di maggiore stabilità finanziaria, molte imprese stanno adottando la strategia della Cloud Repatriation: il rientro parziale o selettivo di workload da cloud pubblici verso infrastrutture private o on-premises. L’obiettivo non è rinunciare al cloud, bensì bilanciare flessibilità e prevedibilità, sfruttando le caratteristiche più adatte di ciascun modello.

Secondo l’indagine Flexera "State of the Cloud", il 44% dei decision maker IT identifica il contenimento dei costi come principale motivazione per valutare il rientro di workload da ambienti pubblici. Allo stesso tempo, la ricerca IDC Cloud Repatriation Trends segnala come oltre il 70% delle organizzazioni intervistate abbia avviato o pianificato azioni di repatriation, con l’obiettivo di ridurre la variabilità della spesa IT e migliorare la governance delle risorse digitali.

In parallelo, l'Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano sottolinea che in Italia il 35% delle grandi aziende sta valutando strategie di rientro dal cloud pubblico, spesso con focus su applicazioni ERP, database e ambienti di sviluppo a basso dinamismo. Questo approccio consente di trasformare parte dei costi da variabili a pianificabili, anche attraverso modelli a canone mensile o infrastrutture private in outsourcing.

Scopri come Aruba può aiutarti a eliminare i costi inattesi

Best practice per una gestione consapevole

Adottare una strategia ibrida e valutare la Cloud Repatriation richiede anche un approccio strutturato alla gestione finanziaria del cloud. In questo contesto, non si tratta di scegliere tra pubblico e privato, ma di trovare il giusto equilibrio tra le diverse opzioni disponibili. Quando un workload presenta caratteristiche di stabilità e non necessita di scalabilità istantanea, collocarlo su un’infrastruttura privata può contribuire a rendere il TCO più stabile e prevedibile, a ridurre l’incidenza di costi accessori come il traffico dati o i servizi di monitoraggio, a garantire performance più costanti e a migliorare la governance delle risorse, soprattutto in ambienti regolati o ad alta criticità operativa.

Il punto non è contrapporre i due modelli: molte aziende mantengono sul cloud pubblico quei servizi che beneficiano realmente della scalabilità elastica, mentre spostano su ambienti privati le applicazioni a consumo più lineare, ottimizzando la distribuzione del carico in funzione del profilo tecnico ed economico di ciascun servizio.

Un’altra leva fondamentale per ottimizzare la spesa è l’adozione di pratiche FinOps e strumenti di monitoraggio dei costi. Mantenere visibilità costante sui consumi e assegnare responsabilità di budget ai singoli team consente una gestione più consapevole, favorendo l’efficienza operativa. Anche la scelta di modelli di pricing a impegno, come le Reserved Instances o i contratti a canone fisso, può contribuire a ridurre la variabilità della spesa in presenza di workload prevedibili.

Infine, un’attività di revisione periodica dell’assetto infrastrutturale, basata su metriche reali di utilizzo, aiuta a individuare eventuali risorse sovradimensionate o sottoutilizzate, correggere le allocazioni e adattare la strategia cloud alle evoluzioni del business, con benefici sia in termini di performance che di sostenibilità economica.


 
 
Newsletterbox